PROLOGO: Il Quartier
Generale dello Stato. Località sconosciuta.
Sullo schermo, le prime pagine
scannerizzate dei giornali di tutto il mondo scorrevano in un elenco
apparentemente infinito. Da giorni, uno spazio più o meno grande era dedicato
alla notizia che rivaleggiava per clamore allo scandalo delle torture ad Abu
Ghraib.
La probabile fine della Roxxon Oil. Lo scoperchiamento di tutti i suoi
segreti[i], i
coinvolgimenti che andavano dagli ‘eccellenti’ ai passacarte. Non se ne salvava
uno.
Se l’amministrazione Bush (e
non solo quella) stava avendo problemi di immagine con la campagna medio
orientale, con questo barile di vermi rischiava il colpo di grazia alle
elezioni di Novembre.
E questo, alle più alte
cariche dello Stato, questo non andava affatto
bene.
Ne era perfettamente
consapevole la donna alla scrivania. Vestita con un’uniforme grigioverde, priva
di qualunque mostrina visibile, i capelli neri raccolti in un basco grigio
ferro, i suoi occhi verdi fissavano nei propri pensieri.
Come il suo predecessore in
quel ruolo, il Capitano Josephine Celeste
aveva una responsabilità non da poco: doveva sbrogliare quel bandolo, o la sua
testa sarebbe caduta molto in fretta.
La donna ticchettò la punta
della penna sul blocco appunti. Da dove cominciare?
Era inutile porsi domande sul come fosse successo, naturalmente.
Sarebbe stata una inutile perdita di tempo, ricostruire movimenti che,
sicuramente, erano stati perfettamente celati.
Occorreva chiedersi chi fosse riuscito in una simile
impresa, un attacco informatico subdolo e chirurgico nei segreti fra i più
custoditi del mondo.
C’era in gioco molto più della
perdita di un fedele alleato alla causa dello Stato: il responsabile poteva
cercare di esporre lo Stato stesso.
Chi?
La mente di Josephine Celeste
era un archivio di informazioni che lei era addestrata a trovare senza fallo.
Fin da piccola, per questo, la chiamavano, sfottendola, ‘robot’. Era stato divertente
vedere le facce di molti di loro rimasti al palo mentre lei divorava la
carriera scolastica ed universitaria. Ed era stato un piacere fare in modo che
restassero debitamente disoccupati, mentre lei arrivava al cuore del controllo
mondiale!
Josephine sfogliò il suo
catalogo mentale: la Fantastic Four Inc.? No, Richards non aveva autorizzato
l’hacking fino ad ora, e non lo avrebbe fatto adesso, a meno che la Roxxon non
fosse stata ufficialmente catalogata come minaccia alla sicurezza nazionale.
Idem per il Wakanda, anche se il suo sovrano, Pantera Nera ne aveva dato di
filo da torcere all’azienda; Pantera avrebbe fatto di meglio che bruciarsi il
terreno rivelando tutto ai media.
Destino? No, il monarca di
Latveria ragionava allo stesso modo: avrebbe avuto un potente strumento di
ricatto, non lo avrebbe sprecato.
Harold Howard? L’elusivo
magnate dei media (e di diverse altre imprese) aveva sicuramente guadagnato una
piattaforma di esposizione da record persino per lui…ma era difficile che desiderasse
inimicarsi diversi potenti per uno scoop, anche quello scoop. No, lui aveva
avuto il piatto pronto e lo aveva servito.
Stark? Sì, lui o anche
Alexander Thran avrebbero potuto farlo. Fra la Roxxon, la Stark e la Talon Corporation
scorreva veleno ben distillato ed invecchiato.
Ma loro erano i mandanti: per
fare quello che era stato fatto, ci voleva una squadra o un individuo che
valeva una squadra, o si sarebbero dati da fare molto tempo prima. Tolto di
mezzo l’hacker, i mandanti sarebbero stati di nuovo zoppi.
La Celeste sfogliò ancora il
suo archivio personale.
Alla fine, tolti quei nomi che
lavoravano per lo Stato, e sulla cui fedeltà si poteva essere sicuri, restava
una manciata di nomi eccellenti.
La donna sorrise.
Ora di andare a caccia.
MARVELIT presenta
Episodio 3 - Warwear & War Machine: Il Volo del
Corvo
Manhattan, quarantotto ore
dopo.
La porta si aprì.
Il ragazzo fece per entrare. E
si fermò sulla soglia.
Il ragazzo era il tipico
rappresentante della Generazione X: corpo magrissimo, che avrebbe potuto essere
tale tanto per attività fisica quanto per una dieta a base di junk food e roba
non proprio legale.
I capelli erano neri, lunghi e
incolti. Vestiva di nero, dalla t-shirt ai jeans. Unico vezzo, argenteria
sparsa sul corpo, dagli orecchini al bracciale con su inciso finemente un corvo
in volo, e una collana con un pendente a forma di corvo.
E se qualcuno, non a torto,
considerava Philip Grant un cinico
figlio di buona donna, pochi eletti sapevano che il ragazzo aveva un cuore.
E uno stomaco. Che stava per
rovesciare sul pavimento.
Il ragazzo era un hacker, un
pirata informatico. Il migliore.
Quella dell’hacker era, tuttavia, una professione che di solito ti
teneva lontano dai pericoli fisici. C’era poco da rischiare sedendo a un
computer tutto il giorno, salvo le piaghe da decubito.
Philip Grant si considerava,
come molti suoi pari, un’entità inviolabile.
In questo momento, si era
appena ricordato di essere un mortale come gli altri.
Anche se era stato qualcun
altro a capirlo prima di lui: il cadavere del ragazzo di quindici anni, riverso
sul pavimento, con un proiettile piantato nel cranio.
Philip soffocò un altro conato
di vomito -non aveva mai immaginato che tutto quel sangue potesse colare dalla
testa. E che il cervello fosse così grigio…
Meccanicamente, pur di non
guardare il corpo, Philip osservò il resto dell’appartamento…o meglio, la
‘tana’, come il morto l’aveva sempre chiamata. Un cubicolo di una ventina di
metri quadri, dalle pareti sudice e sature di umidità. Il pavimento era
croccante, tanto spesso era lo strato di polvere. L’unica cosa nuova era il
laptop in standby sulla scrivania.
Philip non era un
detective…cioè, nel ciberspazio avrebbe saputo trovare la sua preda partendo da
un singolo bit di informazione. Nel mondo reale, era perso di fronte ad una
crisi come questa.
Non comprese al volo che il
sangue si era raggrumato da almeno un paio d’ore ormai, cioè da quando aveva
contattato l’ultima volta ‘Mouseboy’. Non realizzò che la porta era chiusa a
chiave, quando era arrivato.
Non capì che chiunque avesse
ucciso il suo amico aveva chiuso la porta solo per assicurarsi che chiunque
fosse arrivato dopo si sarebbe tradito usando il duplicato della chiave.
Non capì di essere caduto in
trappola…fino a quando non sentì freddo metallo contro la sua nuca.
“Il Corvo, immagino,” disse
una voce maschile fredda, impersonale. “Scusami il disordine, di solito sono
meno casinista.”
Il metallo fu premuto con più
forza. Philip Grant, il Corvo, avanzò nella stanza. Quando sentì la porta
chiudersi, il metallo si allontanò. Il ragazzo si voltò. “E tu chi diavolo
sei?”
Il suo nemico era un uomo in
un abbagliante costume giallo e blu, con un giubbotto aperto verde come gli
stivali ed i guanti. “Io sono semplicemente il Mercenario, se tanto ci tieni a saperlo. Sei venuto qui per
assicurarti che il topastro stesse bene, vero?”
Il Corvo non rispose.
“Di voi cervelloni ‘liberi
professionisti’ in giro non ne erano rimasti molti, prima o poi sarei arrivato
anche a te. Credimi: i miei capi sanno tutto il possibile di voi, tranne il
vostro indirizzo. L’idea di interrogarvi ed eliminarvi uno ad uno è stata mia.
Pratica, vero? Il topastro era il secondo, la prima era l’unica scema ad
abitare a casa sua.”
Il Corvo pensò a ‘Shangri-La’,
una delle poche cibernaute in gamba davvero. Non l’aveva mai incontrata di
persona…
Il Mercenario sollevò di nuovo
la pistola all’altezza del cranio. “Sai che non scherzo, cocchino. Non ci sono
vigilanti od eroi pronti a salvarti il culo. Siamo solo io e te.
“Dimmi una cosa: sei stato tu
a fottere la Roxxon Oil?”
“Sì.” Lo risposta gli era
venuta naturale, un vero moto di orgoglio che d’un colpo cancellò la paura.
Philip fece un mezzo sorriso dentato. “Sono stato io. Ed è stato divertente. È
stato ancora più divertente immaginare la faccia dei tuoi padroni mentre si
mangiavano il fegato. Sai, le multinazionali proprio non le mando giù: è una
questione di principio.”
Il Mercenario sorrise.
“Conosco qualcuno che la pensa come me, anche se preferisce metodi
meno…sottili. Oh, e come faccio a sapere che non stai mentendo per coprire il
vero stronzo?”
Philip guardò il cadavere.
“Tanto mi ammazzi comunque. Cosa ho da perdere?”
Il Mercenario fece una smorfia
amara. “Incredibile: un fegatoso fra voi perdenti. Che razza di mondo è
diventato…”
“Sarò un perdente,” disse il
Corvo, “ma la tua caccia subirà una battuta d’arresto. E quando troverai il
prossimo hacker, magari ci saranno un super o due a darti il benvenuto.”
“O magari no.” Il criminale
premette il grilletto -in fondo, quella tattica serviva solo a guadagnare tempo
e a tenere un profilo basso. I suoi datori di lavoro gli avevano detto di
eliminare tutti gli hacker della lista, se necessario…
Il Mercenario premette il
grilletto.
Allo stesso tempo, il
pavimento esplose sotto i suoi piedi! Il colpo fu deviato nel momento in cui
partì dalla canna. Istintivamente, Philip si gettò a terra, finendo addosso al
cadavere di Mouseboy.
“Non ci credo,” disse il
Mercenario da terra. “Ci sono finito io, in trappola… E tu chi sei?”
L’oggetto della domanda era
una figura coperta da un’armatura grigia e nera, sospesa a mezz’aria fra il
sicario ed il Corvo.
“Sono semplicemente un
mercenario come te, se tanto ci tieni a saperlo. Scusami il ritardo, ma dovevo
assicurarmi che ti facessi vivo. Pratico, vero?”
Il Mercenario fece volare la
sua mano al giubbotto.
Le mini-torrette da fuoco
sulle spalle dell’altro scattarono in avanti.
Una nuvola infuocata eruttò
dalla finestra dell’appartamento, insieme a un buon pezzo del muro!
Un momento dopo, il mercenario,
con il Corvo in braccio, volò via dalla scena del delitto.
“Che diavolo significa tutto
questo??” Bisognava dargliene atto, il ragazzo non si era perso d’animo. “Non
intendo collaborare, qualunque cosa tu abbia in mente! Basta che non mi lasci
cadere…” aggiunse, quasi pigolando, guardando verso il basso. Curioso, solo ora
si accorgeva che soffriva di vertigini!
“Ho solo intenzione di
salvarti la pelle, ragazzo: sono stato pagato per questo, ed intendo terminare
il mio contratto.”
“Carino.
E per conto di chi intendi salvarmi?”
Si chiamava James Rhodes. E si poteva ben dire che
avesse avuto una vita intensa.
Marine, mercenario, super-eroe…No,
Jim non si era mai annoiato. E se anche qualche volta gli capitava di pensare
alla pensione, finiva sempre col realizzare che amava troppo l’adrenalina per
farne a meno. Ancora per un po’, almeno.
Ecco perché, anche quando si
muoveva fra la folla in abiti civili, finiva sempre col guardarsi intorno con
occhi attenti, in cerca del minimo segnale di pericolo. Era un riflesso
condizionato: mai abbassare la guardia.
E poi, si sentiva comunque un
po’ a disagio, in quel bar. Dopo essere appena tornato da quella seppur breve
missione in Slokovia[ii], dopo
avere appena toccato con mano, anche se non per la prima volta, la miseria
umana, persino un onesto bicchiere di scotch gli sembrava un lusso
indescrivibile.
Anche per questo avrebbe
voluto trovare qualche superstronzo da prendere a calci nel posto giusto: aveva
bisogno di fare qualcosa di utile,
dannazione!
L’uomo di colore sospirò e
tornò a dedicarsi alla sua bevanda. Almeno, aveva la giornata libera: se ne
sarebbe andato in una palestra a prendere a calci un sacco… Hm?
La televisione, un semplice
rumore di sottofondo fino a quel momento, trasmise qualcosa che attirò
l’attenzione di Jim. “…da un video amatoriale arrivato ora in redazione.” Il
video in questione mostrava una figura in armatura decollare con un ragazzo fra
le braccia da un appartamento in fiamme. “Non si conosce ancora l’identità del
super-essere ostrato nelle immagini. I Vigili del Fuoco sono appena giunti sul
luogo del disastro…”
James fissò lo schermo del
televisore con una tale intensità che sembrava volerci entrare.
“Dannati super,” disse un uomo
vicino a lui. “Peggio dei terroristi, se lo chiedi a me. Prendi quello che ha
fatto lo Scorpione qualche settimana fa[iii]. Che
cavolo abbiamo da temere dai terroristi?
Quelli sono esseri umani come me e te. Li becchi e li mandi al creatore senza
troppi problemi. Questi super invece non li tieni nemmeno con…ehi! Dove vai, amico?”
James aveva ascoltato
abbastanza. Aveva tollerato quell’idiota solo perché stava pensando al
‘rapitore’ in armatura.
A Warwear, della Justice
Incorporated.
Nessun dubbio, era lui. E se
James conosceva bene i suoi polli, sapeva anche chi c’era sotto l’armatura.
Giustiziere o no, il proprietario della corazza a tecnologia Eidolon aveva uno
stile familiare nella sua uscita…
Ce lo vedeva a lavorare per
soldi, ma non nel ruolo di ‘bravo ragazzo’.
James si infilò nell’edificio
di un parcheggio. Prese l’ascensore, diretto all’ultimo piano.
Quando fu arrivato in cima,
toccò un pulsante sull’orologio.
“Amico mio, se sei proprio tu,
abbiamo parecchio di cui parlare,” disse, mentre un sibilo di razzi
preannunciava l’arrivo di un compatto guscio metallico in fibra di carbonio,
bianco e nero.
Il guscio si aprì, e James
Rhodes fu avvolto,
pezzo per pezzo,
da una corazza simile a quella
usata da Iron Man, ma una versione più ‘militare’, con tanto di cannoncini.
Ora
War Machine era pronto ad entrare in
azione!
Nuovo QG della Justice
Inc., Luna Bay, Nome, Alaska. Dodici ore prima…
Le foto di Philip Grant, una
panoramica completa sul suo aspetto, scorsero ad intervalli di circa cinque
minuti l’una dall’altra.
“Grant, detto il Corvo, è un
ragazzo dotato di una mente…notevole. Ma non c’è da stupirsene più di tanto,
data la paternità.” Altri dati scorsero in finestre accanto alle foto. Il CdA
della JI li studiò con attenzione.
“Però,” fischiò Dollar Bill.
“Sono dati solidi?”
“Lo sono,” disse l’ologramma
di un lupo mannaro dalla bianca
pelliccia, avvolto da una tonaca viola che gli arrivava fino ai piedi. Il suo
muso era decorato, oltre che da aguzzi canini e molari sporgenti, da un paio di
ampi baffi spioventi e un pizzo pure bianchi. “Questo umano ha inferto un colpo
molto importante ai nemici della Roxxon Oil. Intendiamo ricompensarlo aiutandolo
ad arrivare vivo fino al giorno in cui incontrerà suo padre.”
“Sarà un bel lavoro, allora,”
disse Letitia Frost, l’esperta di tattica. “Il suo nome non è saltato ancora
fuori su alcun media, ma quando succederà i suoi nemici ne vorranno ognuno un
pezzo.”
“I nostri infiltrati ci hanno
comunicato che la rosa degli hacker è stata già ristretta a livello critico.
Uno di loro è già morto. Dovrete agire tempestivamente. I costi non saranno un
problema…”
Solomon Towers,
Manhattan Ora.
“Perché siamo qui? Non faremmo
meglio a svignarcela in un posto veramente
lontano?” Grant si guardò intorno, mentre le sue parole echeggiavano nei locali
vuoti che furono i primi uffici della JI. Le finestre blindate erano chiuse,
c’era una puzza di chiuso e faceva un caldo malevolo.
Sotto l’elmo, un immobile
Warwear udì le parole…ma la sua attenzione, era concentrata sulle panoramiche
fornite dai suoi droni, che volavano all’esterno del palazzo. “Nel caso tu non
lo avessi capito, la Roxxon era una multinazionale con sedi in tutto il mondo:
col mio intervento, ho convalidato la tua importanza come bersaglio. Ovunque
andrai, troverai un nemico pronto a farti la pelle.
“Intendo attirare l’attenzione
del Mercenario e di chiunque altro in questa città voglia terminarti. A quel
punto, noi avremo mandato un chiaro
segnale che non conviene torcerti un capello.”
Philip si sedette per terra,
la schiena contro il muro. “Cristo, hai sparato una raffica di missili contro
quel Capitan Arcobaleno. Non può essere ancora vivo, vero?”
“Sistemi di adattamento nel
costume. Roba sofisticata, forse della AIM. Comunque, volevo solo stordirlo.”
“Che cazzo stai dic…”
“Te l’ho detto: voglio vedere
cosa metteranno in campo. Se sarà il solo Mercenario a riprendere la caccia,
vuol dire che vogliono mantenere un profilo basso…il che, per te, sarebbe una
buona notizia.”
“Posso obiettare che non mi
sento sollevato? Io… E ora che c’è?” aggiunse, vedendo l’altro voltare la testa
verso il soffitto.
Philip si alzò in piedi. “È
già qui..?”
“No.” Warwear si diresse verso
le scale. “Diciamo che si tratta di una visita inopportuna. Tu vieni con me.”
Philip seguì il Giustiziere.
Aveva la precisa impressione che non gli convenisse impuntarsi. “Non mi hai
ancora detto chi ti ha assunto e perché.”
“Non ti riguarda.”
Quando giunsero sul tetto,
Philip si trovò a guardare uno che sembrava il fratello ‘debole’ di Warwear.
“War Machine..?” Anche i Vendicatori,
adesso??
“Farsi scudo con gli
innocenti,” disse il Vendicatore nero e bianco, usando il ponte radio. “Credevo
fossi migliorato, Parnell.”
“Se ti piace saltare alle
conclusioni sbagliate, accomodati pure, Jim. Io sto facendo il mio lavoro.”
“Idem. E condivido l’idea di
concedere pochi riguardi ai criminali. Lascialo.”
“Non è un mio prigioniero. Lo
sto proteggendo.”
Philip fece volare gli occhi
da una figura metallica all’altra. La sua mente calcolò attentamente le
opzioni: se restava con questo tizio, rischiava di finire in chissà quali mani.
Non sapeva, del resto, come i Vendicatori trattassero gli hacker, ma almeno
loro erano dei buoni. “Questa lattina mi ha rapito, Machine, mica balle…ehi!”
Il colpo di energia dal
Vendicatore passò ad un pelo dalla sua testa! Warwear ne fu colpito in pieno, e
spedito fino all’altro lato del tetto.
“Mica male,” disse Philip,
correndo verso War Machine. “Sbrighiamoci, o quello*” non finì la frase: raffiche
di plasma si interposero fra lui e il Vendicatore.
“Dannazione!” i sensori di War
Machine non avevano percepito quei maledetti minidroni che ora volteggiavano
sopra di lui -ma doveva aspettarselo: l’armatura Eidolon sapeva esattamente
come calibrarsi per sfuggire ad essi!
James si voltò a guardare in
direzione di Warwear…ma quello non era più in vista. Da nessuna parte...
“Attento!” urlò Philip,
guardando dietro di lui!
Troppo tardi! Quando la lama
dorsale del polso divenne visibile, era già entrato nella corazza! Una pioggia
di scintille si levò dal metallo ferito, all’altezza della spalla. War Machine
grugnì.
“Se fossi rimasto quello che
ero, James, adesso avresti qualcosa di più serio di questo. Ora, sei disposto
ad ascoltare o dobbiamo farci male?”
“Ti ascolterò…” E War Machine
puntò rapidamente la lanciarazzi della spalla sull’avversario. Vomitò una
raffica sul torace dell’altro, che di nuovo fu sbalzato all’indietro.
“Dopo averti assicurato nelle
mani delle autorità, Parnell. Puoi essere quello che vuoi, adesso, ma secondo
la legge sei stato un criminale ed assassino. E non ti sei fatto scrupolo di infangare
il mio nome per i tuoi sporchi
affari!” A quel punto, vomitò una raffica combinata di repulsori, proiettili e
missili su Warwear.
Philip, nel frattempo, senza
staccare gli occhi dalla scena, si era fatto prudentemente indietro. Lo
spostamento d’aria generato dai colpi gli scompigliava i capelli.
Pensò che questa era la sua
migliore occasione. Si voltò e si diresse di corsa verso le scale…solo per
sbattere contro la figura del Mercenario!
“Senza offesa, ragazzo,” disse
l’uomo, mirando al cuore con un fucile. E sparò.
War Machine smise il suo
attacco e si voltò di colpo. “NO!”
Ma, apparentemente, la sua
preoccupazione fu fuori luogo.
“Cosa..?” il criminale osservò
sorpreso il ragazzo restare in piedi senza neanche un graffio! “Sei un &%*§
di mutante?”
In risposta a quella domanda,
i droni apparvero! Ce n’era un intero anello, che fluttuava intorno al corpo
del Corvo!
“Ho detto che sono stato
pagato per proteggerlo, ed intendo farlo,” disse Warwear, rialzandosi. La sua
armatura era graffiata ed annerita in un paio di punti, ma era uscita
fondamentalmente illesa dall’attacco.
Il Mercenario fece scattare lo
sguardo dalla sua vittima ai suoi nemici. E dato che non era stupido, scelse di
optare per la fuga… Stava già per attivare il dispositivo di teletrasporto nel
costume…quando un calcio ben piazzato lo raggiunse al mento!
“Questo è per Shangri-La,
bastardo!” fece il Corvo. Subito dopo, due raffiche parallele di repulsori,
passando vicino ai fianchi di Philip, centrarono in pieno il torace del
Mercenario.
Due dei droni intorno a Philip
si staccarono dal cerchio; si portarono sopra la figura del Mercenario, e lo
avvolsero in una rete di energia.
“Prova a toccare quella rete,
e vedrai se non ti farà male,” disse Warwear. “Oh, e ti sarai già accorto che
essa interferisce con i tuoi sistemi di teletrasporto. E non ti preoccupare:
arriverai vivo davanti a un giudice, per dire chi ti manda.”
“Ma davvero?” il Mercenario
sorrise. “Io dico di no. Anche io ho
da portare un lavoro a termine, ‘collega’…” Toccò un pulsante sulla cintura.
E il Mercenario esplose. Philip Grant fu sbalzato
all’indietro dalla forza dello scoppio, ma i droni ancora una volta lo protessero
dal peggio.
Quando il fumo si fu diradato,
c’era una grande chiazza carbonizzata nel tetto rinforzato, oltre a macchie di
sangue un po’ ovunque. Warwear si avvicinò a Philip. “Grant, tutto bene?”
“Credo di sì…” Il ragazzo era
stordito e confuso. “Mi ronzano le orecchie. Io…” si toccò la maglietta
macchiata. “È morto davvero, questa volta?”
“Direi proprio di sì,” rispose
il Giustiziere. “Era un ordigno davvero potente, il suo. Senza la barriera,
avrebbe potuto danneggiare anche i droni intorno a te.”
“Che meraviglia…” Philip
accettò di essere aiutato ad alzarsi in piedi.
“Vendicatore,”
fece Warwear. “Dobbiamo parlare. Sul serio.”
Lo Stato
“La mancata eliminazione del
Corvo è solo un ritardo nella sua esecuzione, Capitano. Almeno, ora sappiamo
quanto bene sia protetto.”
Celeste ascoltò in silenzio.
Non era persona da inutili polemiche o roboanti promesse.
Sapeva
già che, in un modo o nell’altro, il Corvo sarebbe stato rimosso dalla scena.
Era un individuo semplicemente troppo pericoloso!
Mentre le unità dell’FBSA
setacciavano l’area del combattimento, i due eroi stavano in disparte, seduti
sul cornicione della Solomon Tower.
“Anche se alla fine la
decisione finale spetterà a lui, Miss Cleaver è d’accordo,” disse Warwear. “La
Stark sarà il migliore ambiente per l’educazione e la protezione di Philip
Grant. Il ragazzo godrà, indirettamente, della protezione dei Vendicatori oltre
che delle varie guardie corazzate dell’azienda. E potrà sviluppare i suoi
talenti senza troppe restrizioni.”
“Parnell…”
“E la prossima volta che mi
incontrerai, chiamami Thomas Levison. Parnell Jacobs è ufficialmente morto e
sepolto in un recente incidente aereo, insieme a sua moglie. Le famiglie hanno
già ricevuto le condoglianze della compagnia aerea. I corpi sono sepolti in
fondo al mare, insieme all’aereo caduto.”
“…”
“Non sono un santo, James. Non
credo di esserlo mai stato; la guerra non tirò fuori il mio lato peggiore, si
limitò ad esaltarlo.
“Ma sono solo un essere umano
come te, e il male viene con la confezione. Abbiamo anche il libero arbitrio,
ed ho deciso di esercitarlo: mi piace combattere, e continuerò a ricavarci dei
soldi. Farlo per la ‘causa giusta’? Ringrazia mia moglie: è lei che esalta il
mio lato migliore. E per lei, continuerò ad essere un Giustiziere.”
“Parnell…ricorda solo questo:
ti tengo d’occhio e continuerò a farlo. Uccidi un solo innocente, non importa
la ragione, e ne risponderai per prima cosa a me.” War Machine saltò giù dal
cornicione e si levò in volo. Warwear lo seguì poco dopo, due frecce d’acciaio
dirette verso il tramonto.
Mentre entrava nella macchina
dell’FBSA per andare al suo interrogatorio, Philip Grant osservò le due figure
volanti.
Non sapeva cosa gli riservava
il futuro, ma questa Justice Incorporated meritava un approfondimento, sì…