PROLOGO: Il Quartier Generale dello Stato. Località sconosciuta.

 

Sullo schermo, le prime pagine scannerizzate dei giornali di tutto il mondo scorrevano in un elenco apparentemente infinito. Da giorni, uno spazio più o meno grande era dedicato alla notizia che rivaleggiava per clamore allo scandalo delle torture ad Abu Ghraib.

La probabile fine della Roxxon Oil. Lo scoperchiamento di tutti i suoi segreti[i], i coinvolgimenti che andavano dagli ‘eccellenti’ ai passacarte. Non se ne salvava uno.

Se l’amministrazione Bush (e non solo quella) stava avendo problemi di immagine con la campagna medio orientale, con questo barile di vermi rischiava il colpo di grazia alle elezioni di Novembre.

E questo, alle più alte cariche dello Stato, questo non andava affatto bene.

Ne era perfettamente consapevole la donna alla scrivania. Vestita con un’uniforme grigioverde, priva di qualunque mostrina visibile, i capelli neri raccolti in un basco grigio ferro, i suoi occhi verdi fissavano nei propri pensieri.

Come il suo predecessore in quel ruolo, il Capitano Josephine Celeste aveva una responsabilità non da poco: doveva sbrogliare quel bandolo, o la sua testa sarebbe caduta molto in fretta.

La donna ticchettò la punta della penna sul blocco appunti. Da dove cominciare?

Era inutile porsi domande sul come fosse successo, naturalmente. Sarebbe stata una inutile perdita di tempo, ricostruire movimenti che, sicuramente, erano stati perfettamente celati.

Occorreva chiedersi chi fosse riuscito in una simile impresa, un attacco informatico subdolo e chirurgico nei segreti fra i più custoditi del mondo.

C’era in gioco molto più della perdita di un fedele alleato alla causa dello Stato: il responsabile poteva cercare di esporre lo Stato stesso.

Chi?

La mente di Josephine Celeste era un archivio di informazioni che lei era addestrata a trovare senza fallo. Fin da piccola, per questo, la chiamavano, sfottendola, ‘robot’. Era stato divertente vedere le facce di molti di loro rimasti al palo mentre lei divorava la carriera scolastica ed universitaria. Ed era stato un piacere fare in modo che restassero debitamente disoccupati, mentre lei arrivava al cuore del controllo mondiale!

Josephine sfogliò il suo catalogo mentale: la Fantastic Four Inc.? No, Richards non aveva autorizzato l’hacking fino ad ora, e non lo avrebbe fatto adesso, a meno che la Roxxon non fosse stata ufficialmente catalogata come minaccia alla sicurezza nazionale. Idem per il Wakanda, anche se il suo sovrano, Pantera Nera ne aveva dato di filo da torcere all’azienda; Pantera avrebbe fatto di meglio che bruciarsi il terreno rivelando tutto ai media.

Destino? No, il monarca di Latveria ragionava allo stesso modo: avrebbe avuto un potente strumento di ricatto, non lo avrebbe sprecato.

Harold Howard? L’elusivo magnate dei media (e di diverse altre imprese) aveva sicuramente guadagnato una piattaforma di esposizione da record persino per lui…ma era difficile che desiderasse inimicarsi diversi potenti per uno scoop, anche quello scoop. No, lui aveva avuto il piatto pronto e lo aveva servito.

Stark? Sì, lui o anche Alexander Thran avrebbero potuto farlo. Fra la Roxxon, la Stark e la Talon Corporation scorreva veleno ben distillato ed invecchiato.

Ma loro erano i mandanti: per fare quello che era stato fatto, ci voleva una squadra o un individuo che valeva una squadra, o si sarebbero dati da fare molto tempo prima. Tolto di mezzo l’hacker, i mandanti sarebbero stati di nuovo zoppi.

La Celeste sfogliò ancora il suo archivio personale.

Alla fine, tolti quei nomi che lavoravano per lo Stato, e sulla cui fedeltà si poteva essere sicuri, restava una manciata di nomi eccellenti.

La donna sorrise.

Ora di andare a caccia.

 

 

MARVELIT presenta

Episodio 3 - Warwear & War Machine: Il Volo del Corvo

 

 

 

Manhattan, quarantotto ore dopo.

 

La porta si aprì.

Il ragazzo fece per entrare. E si fermò sulla soglia.

Il ragazzo era il tipico rappresentante della Generazione X: corpo magrissimo, che avrebbe potuto essere tale tanto per attività fisica quanto per una dieta a base di junk food e roba non proprio legale.

I capelli erano neri, lunghi e incolti. Vestiva di nero, dalla t-shirt ai jeans. Unico vezzo, argenteria sparsa sul corpo, dagli orecchini al bracciale con su inciso finemente un corvo in volo, e una collana con un pendente a forma di corvo.

E se qualcuno, non a torto, considerava Philip Grant un cinico figlio di buona donna, pochi eletti sapevano che il ragazzo aveva un cuore.

E uno stomaco. Che stava per rovesciare sul pavimento.

Il ragazzo era un hacker, un pirata informatico. Il migliore.

Quella dell’hacker era, tuttavia, una professione che di solito ti teneva lontano dai pericoli fisici. C’era poco da rischiare sedendo a un computer tutto il giorno, salvo le piaghe da decubito.

Philip Grant si considerava, come molti suoi pari, un’entità inviolabile.

In questo momento, si era appena ricordato di essere un mortale come gli altri.

Anche se era stato qualcun altro a capirlo prima di lui: il cadavere del ragazzo di quindici anni, riverso sul pavimento, con un proiettile piantato nel cranio.

Philip soffocò un altro conato di vomito -non aveva mai immaginato che tutto quel sangue potesse colare dalla testa. E che il cervello fosse così grigio…

Meccanicamente, pur di non guardare il corpo, Philip osservò il resto dell’appartamento…o meglio, la ‘tana’, come il morto l’aveva sempre chiamata. Un cubicolo di una ventina di metri quadri, dalle pareti sudice e sature di umidità. Il pavimento era croccante, tanto spesso era lo strato di polvere. L’unica cosa nuova era il laptop in standby sulla scrivania.

Philip non era un detective…cioè, nel ciberspazio avrebbe saputo trovare la sua preda partendo da un singolo bit di informazione. Nel mondo reale, era perso di fronte ad una crisi come questa.

Non comprese al volo che il sangue si era raggrumato da almeno un paio d’ore ormai, cioè da quando aveva contattato l’ultima volta ‘Mouseboy’. Non realizzò che la porta era chiusa a chiave, quando era arrivato.

Non capì che chiunque avesse ucciso il suo amico aveva chiuso la porta solo per assicurarsi che chiunque fosse arrivato dopo si sarebbe tradito usando il duplicato della chiave.

Non capì di essere caduto in trappola…fino a quando non sentì freddo metallo contro la sua nuca.

“Il Corvo, immagino,” disse una voce maschile fredda, impersonale. “Scusami il disordine, di solito sono meno casinista.”

Il metallo fu premuto con più forza. Philip Grant, il Corvo, avanzò nella stanza. Quando sentì la porta chiudersi, il metallo si allontanò. Il ragazzo si voltò. “E tu chi diavolo sei?”

Il suo nemico era un uomo in un abbagliante costume giallo e blu, con un giubbotto aperto verde come gli stivali ed i guanti. “Io sono semplicemente il Mercenario, se tanto ci tieni a saperlo. Sei venuto qui per assicurarti che il topastro stesse bene, vero?”

Il Corvo non rispose.

“Di voi cervelloni ‘liberi professionisti’ in giro non ne erano rimasti molti, prima o poi sarei arrivato anche a te. Credimi: i miei capi sanno tutto il possibile di voi, tranne il vostro indirizzo. L’idea di interrogarvi ed eliminarvi uno ad uno è stata mia. Pratica, vero? Il topastro era il secondo, la prima era l’unica scema ad abitare a casa sua.”

Il Corvo pensò a ‘Shangri-La’, una delle poche cibernaute in gamba davvero. Non l’aveva mai incontrata di persona…

Il Mercenario sollevò di nuovo la pistola all’altezza del cranio. “Sai che non scherzo, cocchino. Non ci sono vigilanti od eroi pronti a salvarti il culo. Siamo solo io e te.

“Dimmi una cosa: sei stato tu a fottere la Roxxon Oil?”

“Sì.” Lo risposta gli era venuta naturale, un vero moto di orgoglio che d’un colpo cancellò la paura. Philip fece un mezzo sorriso dentato. “Sono stato io. Ed è stato divertente. È stato ancora più divertente immaginare la faccia dei tuoi padroni mentre si mangiavano il fegato. Sai, le multinazionali proprio non le mando giù: è una questione di principio.”

Il Mercenario sorrise. “Conosco qualcuno che la pensa come me, anche se preferisce metodi meno…sottili. Oh, e come faccio a sapere che non stai mentendo per coprire il vero stronzo?”

Philip guardò il cadavere. “Tanto mi ammazzi comunque. Cosa ho da perdere?”

Il Mercenario fece una smorfia amara. “Incredibile: un fegatoso fra voi perdenti. Che razza di mondo è diventato…”

“Sarò un perdente,” disse il Corvo, “ma la tua caccia subirà una battuta d’arresto. E quando troverai il prossimo hacker, magari ci saranno un super o due a darti il benvenuto.”

“O magari no.” Il criminale premette il grilletto -in fondo, quella tattica serviva solo a guadagnare tempo e a tenere un profilo basso. I suoi datori di lavoro gli avevano detto di eliminare tutti gli hacker della lista, se necessario…

Il Mercenario premette il grilletto.

Allo stesso tempo, il pavimento esplose sotto i suoi piedi! Il colpo fu deviato nel momento in cui partì dalla canna. Istintivamente, Philip si gettò a terra, finendo addosso al cadavere di Mouseboy.

“Non ci credo,” disse il Mercenario da terra. “Ci sono finito io, in trappola… E tu chi sei?”

L’oggetto della domanda era una figura coperta da un’armatura grigia e nera, sospesa a mezz’aria fra il sicario ed il Corvo.

“Sono semplicemente un mercenario come te, se tanto ci tieni a saperlo. Scusami il ritardo, ma dovevo assicurarmi che ti facessi vivo. Pratico, vero?”

Il Mercenario fece volare la sua mano al giubbotto.

Le mini-torrette da fuoco sulle spalle dell’altro scattarono in avanti.

 

Una nuvola infuocata eruttò dalla finestra dell’appartamento, insieme a un buon pezzo del muro!

Un momento dopo, il mercenario, con il Corvo in braccio, volò via dalla scena del delitto.

“Che diavolo significa tutto questo??” Bisognava dargliene atto, il ragazzo non si era perso d’animo. “Non intendo collaborare, qualunque cosa tu abbia in mente! Basta che non mi lasci cadere…” aggiunse, quasi pigolando, guardando verso il basso. Curioso, solo ora si accorgeva che soffriva di vertigini!

“Ho solo intenzione di salvarti la pelle, ragazzo: sono stato pagato per questo, ed intendo terminare il mio contratto.”

“Carino. E per conto di chi intendi salvarmi?”

 

Si chiamava James Rhodes. E si poteva ben dire che avesse avuto una vita intensa.

Marine, mercenario, super-eroe…No, Jim non si era mai annoiato. E se anche qualche volta gli capitava di pensare alla pensione, finiva sempre col realizzare che amava troppo l’adrenalina per farne a meno. Ancora per un po’, almeno.

Ecco perché, anche quando si muoveva fra la folla in abiti civili, finiva sempre col guardarsi intorno con occhi attenti, in cerca del minimo segnale di pericolo. Era un riflesso condizionato: mai abbassare la guardia.

E poi, si sentiva comunque un po’ a disagio, in quel bar. Dopo essere appena tornato da quella seppur breve missione in Slokovia[ii], dopo avere appena toccato con mano, anche se non per la prima volta, la miseria umana, persino un onesto bicchiere di scotch gli sembrava un lusso indescrivibile.

Anche per questo avrebbe voluto trovare qualche superstronzo da prendere a calci nel posto giusto: aveva bisogno di fare qualcosa di utile, dannazione!

L’uomo di colore sospirò e tornò a dedicarsi alla sua bevanda. Almeno, aveva la giornata libera: se ne sarebbe andato in una palestra a prendere a calci un sacco… Hm?

La televisione, un semplice rumore di sottofondo fino a quel momento, trasmise qualcosa che attirò l’attenzione di Jim. “…da un video amatoriale arrivato ora in redazione.” Il video in questione mostrava una figura in armatura decollare con un ragazzo fra le braccia da un appartamento in fiamme. “Non si conosce ancora l’identità del super-essere ostrato nelle immagini. I Vigili del Fuoco sono appena giunti sul luogo del disastro…”

James fissò lo schermo del televisore con una tale intensità che sembrava volerci entrare.

“Dannati super,” disse un uomo vicino a lui. “Peggio dei terroristi, se lo chiedi a me. Prendi quello che ha fatto lo Scorpione qualche settimana fa[iii]. Che cavolo abbiamo da temere dai terroristi? Quelli sono esseri umani come me e te. Li becchi e li mandi al creatore senza troppi problemi. Questi super invece non li tieni nemmeno con…ehi! Dove vai, amico?”

James aveva ascoltato abbastanza. Aveva tollerato quell’idiota solo perché stava pensando al ‘rapitore’ in armatura.

A Warwear, della Justice Incorporated.

Nessun dubbio, era lui. E se James conosceva bene i suoi polli, sapeva anche chi c’era sotto l’armatura. Giustiziere o no, il proprietario della corazza a tecnologia Eidolon aveva uno stile familiare nella sua uscita…

Ce lo vedeva a lavorare per soldi, ma non nel ruolo di ‘bravo ragazzo’.

James si infilò nell’edificio di un parcheggio. Prese l’ascensore, diretto all’ultimo piano.

 

Quando fu arrivato in cima, toccò un pulsante sull’orologio.

“Amico mio, se sei proprio tu, abbiamo parecchio di cui parlare,” disse, mentre un sibilo di razzi preannunciava l’arrivo di un compatto guscio metallico in fibra di carbonio, bianco e nero.

Il guscio si aprì, e James Rhodes fu avvolto,

pezzo per pezzo,

da una corazza simile a quella usata da Iron Man, ma una versione più ‘militare’, con tanto di cannoncini.

Ora War Machine era pronto ad entrare in azione!

 

Nuovo QG della Justice Inc., Luna Bay, Nome, Alaska. Dodici ore prima…

 

Le foto di Philip Grant, una panoramica completa sul suo aspetto, scorsero ad intervalli di circa cinque minuti l’una dall’altra.

“Grant, detto il Corvo, è un ragazzo dotato di una mente…notevole. Ma non c’è da stupirsene più di tanto, data la paternità.” Altri dati scorsero in finestre accanto alle foto. Il CdA della JI li studiò con attenzione.

“Però,” fischiò Dollar Bill. “Sono dati solidi?”

“Lo sono,” disse l’ologramma di un lupo mannaro dalla bianca pelliccia, avvolto da una tonaca viola che gli arrivava fino ai piedi. Il suo muso era decorato, oltre che da aguzzi canini e molari sporgenti, da un paio di ampi baffi spioventi e un pizzo pure bianchi. “Questo umano ha inferto un colpo molto importante ai nemici della Roxxon Oil. Intendiamo ricompensarlo aiutandolo ad arrivare vivo fino al giorno in cui incontrerà suo padre.”

“Sarà un bel lavoro, allora,” disse Letitia Frost, l’esperta di tattica. “Il suo nome non è saltato ancora fuori su alcun media, ma quando succederà i suoi nemici ne vorranno ognuno un pezzo.”

“I nostri infiltrati ci hanno comunicato che la rosa degli hacker è stata già ristretta a livello critico. Uno di loro è già morto. Dovrete agire tempestivamente. I costi non saranno un problema…”

 

Solomon Towers, Manhattan  Ora.

 

“Perché siamo qui? Non faremmo meglio a svignarcela in un posto veramente lontano?” Grant si guardò intorno, mentre le sue parole echeggiavano nei locali vuoti che furono i primi uffici della JI. Le finestre blindate erano chiuse, c’era una puzza di chiuso e faceva un caldo malevolo.

Sotto l’elmo, un immobile Warwear udì le parole…ma la sua attenzione, era concentrata sulle panoramiche fornite dai suoi droni, che volavano all’esterno del palazzo. “Nel caso tu non lo avessi capito, la Roxxon era una multinazionale con sedi in tutto il mondo: col mio intervento, ho convalidato la tua importanza come bersaglio. Ovunque andrai, troverai un nemico pronto a farti la pelle.

“Intendo attirare l’attenzione del Mercenario e di chiunque altro in questa città voglia terminarti. A quel punto, noi avremo mandato un chiaro segnale che non conviene torcerti un capello.”

Philip si sedette per terra, la schiena contro il muro. “Cristo, hai sparato una raffica di missili contro quel Capitan Arcobaleno. Non può essere ancora vivo, vero?”

“Sistemi di adattamento nel costume. Roba sofisticata, forse della AIM. Comunque, volevo solo stordirlo.”

“Che cazzo stai dic…”

“Te l’ho detto: voglio vedere cosa metteranno in campo. Se sarà il solo Mercenario a riprendere la caccia, vuol dire che vogliono mantenere un profilo basso…il che, per te, sarebbe una buona notizia.”

“Posso obiettare che non mi sento sollevato? Io… E ora che c’è?” aggiunse, vedendo l’altro voltare la testa verso il soffitto.

Philip si alzò in piedi. “È già qui..?”

“No.” Warwear si diresse verso le scale. “Diciamo che si tratta di una visita inopportuna. Tu vieni con me.”

Philip seguì il Giustiziere. Aveva la precisa impressione che non gli convenisse impuntarsi. “Non mi hai ancora detto chi ti ha assunto e perché.”

“Non ti riguarda.”

 

Quando giunsero sul tetto, Philip si trovò a guardare uno che sembrava il fratello ‘debole’ di Warwear. “War Machine..?” Anche i Vendicatori, adesso??

“Farsi scudo con gli innocenti,” disse il Vendicatore nero e bianco, usando il ponte radio. “Credevo fossi migliorato, Parnell.”

“Se ti piace saltare alle conclusioni sbagliate, accomodati pure, Jim. Io sto facendo il mio lavoro.”

“Idem. E condivido l’idea di concedere pochi riguardi ai criminali. Lascialo.”

“Non è un mio prigioniero. Lo sto proteggendo.”

Philip fece volare gli occhi da una figura metallica all’altra. La sua mente calcolò attentamente le opzioni: se restava con questo tizio, rischiava di finire in chissà quali mani. Non sapeva, del resto, come i Vendicatori trattassero gli hacker, ma almeno loro erano dei buoni. “Questa lattina mi ha rapito, Machine, mica balle…ehi!”

Il colpo di energia dal Vendicatore passò ad un pelo dalla sua testa! Warwear ne fu colpito in pieno, e spedito fino all’altro lato del tetto.

“Mica male,” disse Philip, correndo verso War Machine. “Sbrighiamoci, o quello*” non finì la frase: raffiche di plasma si interposero fra lui e il Vendicatore.

“Dannazione!” i sensori di War Machine non avevano percepito quei maledetti minidroni che ora volteggiavano sopra di lui -ma doveva aspettarselo: l’armatura Eidolon sapeva esattamente come calibrarsi per sfuggire ad essi!

James si voltò a guardare in direzione di Warwear…ma quello non era più in vista. Da nessuna parte...

“Attento!” urlò Philip, guardando dietro di lui!

Troppo tardi! Quando la lama dorsale del polso divenne visibile, era già entrato nella corazza! Una pioggia di scintille si levò dal metallo ferito, all’altezza della spalla. War Machine grugnì.

“Se fossi rimasto quello che ero, James, adesso avresti qualcosa di più serio di questo. Ora, sei disposto ad ascoltare o dobbiamo farci male?”

“Ti ascolterò…” E War Machine puntò rapidamente la lanciarazzi della spalla sull’avversario. Vomitò una raffica sul torace dell’altro, che di nuovo fu sbalzato all’indietro.

“Dopo averti assicurato nelle mani delle autorità, Parnell. Puoi essere quello che vuoi, adesso, ma secondo la legge sei stato un criminale ed assassino. E non ti sei fatto scrupolo di infangare il mio nome per i tuoi sporchi affari!” A quel punto, vomitò una raffica combinata di repulsori, proiettili e missili su Warwear.

Philip, nel frattempo, senza staccare gli occhi dalla scena, si era fatto prudentemente indietro. Lo spostamento d’aria generato dai colpi gli scompigliava i capelli.

Pensò che questa era la sua migliore occasione. Si voltò e si diresse di corsa verso le scale…solo per sbattere contro la figura del Mercenario!

“Senza offesa, ragazzo,” disse l’uomo, mirando al cuore con un fucile. E sparò.

War Machine smise il suo attacco e si voltò di colpo. “NO!”

Ma, apparentemente, la sua preoccupazione fu fuori luogo.

“Cosa..?” il criminale osservò sorpreso il ragazzo restare in piedi senza neanche un graffio! “Sei un &%*§ di mutante?”

In risposta a quella domanda, i droni apparvero! Ce n’era un intero anello, che fluttuava intorno al corpo del Corvo!

“Ho detto che sono stato pagato per proteggerlo, ed intendo farlo,” disse Warwear, rialzandosi. La sua armatura era graffiata ed annerita in un paio di punti, ma era uscita fondamentalmente illesa dall’attacco.

Il Mercenario fece scattare lo sguardo dalla sua vittima ai suoi nemici. E dato che non era stupido, scelse di optare per la fuga… Stava già per attivare il dispositivo di teletrasporto nel costume…quando un calcio ben piazzato lo raggiunse al mento!

“Questo è per Shangri-La, bastardo!” fece il Corvo. Subito dopo, due raffiche parallele di repulsori, passando vicino ai fianchi di Philip, centrarono in pieno il torace del Mercenario.

Due dei droni intorno a Philip si staccarono dal cerchio; si portarono sopra la figura del Mercenario, e lo avvolsero in una rete di energia.

“Prova a toccare quella rete, e vedrai se non ti farà male,” disse Warwear. “Oh, e ti sarai già accorto che essa interferisce con i tuoi sistemi di teletrasporto. E non ti preoccupare: arriverai vivo davanti a un giudice, per dire chi ti manda.”

“Ma davvero?” il Mercenario sorrise. “Io dico di no. Anche io ho da portare un lavoro a termine, ‘collega’…” Toccò un pulsante sulla cintura.

E il Mercenario esplose. Philip Grant fu sbalzato all’indietro dalla forza dello scoppio, ma i droni ancora una volta lo protessero dal peggio.

Quando il fumo si fu diradato, c’era una grande chiazza carbonizzata nel tetto rinforzato, oltre a macchie di sangue un po’ ovunque. Warwear si avvicinò a Philip. “Grant, tutto bene?”

“Credo di sì…” Il ragazzo era stordito e confuso. “Mi ronzano le orecchie. Io…” si toccò la maglietta macchiata. “È morto davvero, questa volta?”

“Direi proprio di sì,” rispose il Giustiziere. “Era un ordigno davvero potente, il suo. Senza la barriera, avrebbe potuto danneggiare anche i droni intorno a te.”

“Che meraviglia…” Philip accettò di essere aiutato ad alzarsi in piedi.

“Vendicatore,” fece Warwear. “Dobbiamo parlare. Sul serio.”

 

Lo Stato

 

“La mancata eliminazione del Corvo è solo un ritardo nella sua esecuzione, Capitano. Almeno, ora sappiamo quanto bene sia protetto.”

Celeste ascoltò in silenzio. Non era persona da inutili polemiche o roboanti promesse.

Sapeva già che, in un modo o nell’altro, il Corvo sarebbe stato rimosso dalla scena. Era un individuo semplicemente troppo pericoloso!

 

Mentre le unità dell’FBSA setacciavano l’area del combattimento, i due eroi stavano in disparte, seduti sul cornicione della Solomon Tower.

“Anche se alla fine la decisione finale spetterà a lui, Miss Cleaver è d’accordo,” disse Warwear. “La Stark sarà il migliore ambiente per l’educazione e la protezione di Philip Grant. Il ragazzo godrà, indirettamente, della protezione dei Vendicatori oltre che delle varie guardie corazzate dell’azienda. E potrà sviluppare i suoi talenti senza troppe restrizioni.”

“Parnell…”

“E la prossima volta che mi incontrerai, chiamami Thomas Levison. Parnell Jacobs è ufficialmente morto e sepolto in un recente incidente aereo, insieme a sua moglie. Le famiglie hanno già ricevuto le condoglianze della compagnia aerea. I corpi sono sepolti in fondo al mare, insieme all’aereo caduto.”

“…”

“Non sono un santo, James. Non credo di esserlo mai stato; la guerra non tirò fuori il mio lato peggiore, si limitò ad esaltarlo.

“Ma sono solo un essere umano come te, e il male viene con la confezione. Abbiamo anche il libero arbitrio, ed ho deciso di esercitarlo: mi piace combattere, e continuerò a ricavarci dei soldi. Farlo per la ‘causa giusta’? Ringrazia mia moglie: è lei che esalta il mio lato migliore. E per lei, continuerò ad essere un Giustiziere.”

“Parnell…ricorda solo questo: ti tengo d’occhio e continuerò a farlo. Uccidi un solo innocente, non importa la ragione, e ne risponderai per prima cosa a me.” War Machine saltò giù dal cornicione e si levò in volo. Warwear lo seguì poco dopo, due frecce d’acciaio dirette verso il tramonto.

 

Mentre entrava nella macchina dell’FBSA per andare al suo interrogatorio, Philip Grant osservò le due figure volanti.

Non sapeva cosa gli riservava il futuro, ma questa Justice Incorporated meritava un approfondimento, sì…



[i] IRON MAN #21

[ii] VENDICATORI #42-43

[iii] su L’UOMO RAGNO #41-42